Nero di Marte by S.F.
Partiamo con un disclaimer, una candida confessione di
conflitto di interessi: conosco personalmente (alcun)i membri del gruppo che si
va recensendo. Embè? Non ho mai scritto una recensione prima d'ora, né conto di
scriverne altre in futuro, e non mi sto scomodando per fare unfavore a degli
amici. Dunque perchè? Perchè Nero di Marte è il più bel disco che abbia sentito
nell'ultimo anno, forse negli ultimi anni. Qualcosa di semplicemente immenso. E
non ci si può astenere dal parlarne.
Nero di Marte è un disco nuovo. Un'amalgama inedita, erede
ma emancipata, di tutto il metal che si è andato trasformando negli ultimi
anni, per convergere in questo cigno nero del metal moderno. Meno elementari
dei Gojira, meno intricati dei Gorguts, meno dissonanti degli Ulcerate, meno
velenosi dei Deathspell Omega, meno asfissianti di Isis, Dirge, Burst e
post-compagnia bella, eppure "più" di tutti questi assieme. Perchè,
non paghi di destreggiare le influenze più disparate e originali della scena
estrema odierna, dosano le componenti ciascuna nella giusta misura e cingono
questo perfetto equilibrio con personalitá e carisma sbalorditivi.
Nero di Marte è un disco maturo. Se la precedente
incarnazione della band, i Murder Therapy, presentava una promettente
crisalide, l'esordio col nuovo monicker ci restituisce una farfalla (nera,
ovviamente) completamente formata e pronta a scatenare tornadi col suo batter
d'ali. Eccezionali musicisti, i quattro bolognesi non si limitano a svolgere il
compitino di virtuosi in esposizione, ma piuttosto impiegano la loro mirabile
competenza tecnica per incastare le linee individuali in un groviglio
ammaliante e inestricabile.
Nero di Marte è un disco con le palle. Provate a non
slogarvi il collo con il turbolento drumming di Samu, buttarvi a capofitto sul
pavimento coi riff mastodontici di "Resilient", scartavetrarvi la gola nel vano
tentativo di doppiare la nerboruta ugola di Sean mentre urla "Time Dissolves".
Ascoltate la ferocia di "Anoptikon", e provate a non aver voglia di scaraventare
il frigorifero giù dal balcone sui passanti. Questo disco è l'incrocio tra un
elefante e un cingolato.
Infine, Nero di Marte è un disco vero. Alla faccia di tutti
i gruppetti surrogati di Meshuggah e Devin Townsend, progettini patinati
passionali quando una puntata di Un Posto al Sole e imprevedibili quanto un
rinvio a giudizio di Berlusconi. Questo è un disco che profuma del sudore di
innumerevoli ore trascorse in sala prove, non di click su Cubase per una volta.
Che bisogno che c'è di dischi genuini.
Ora, non mi voglio addentrare nell'analisi dei singoli
brani, tutti bellissimi e memorabili, ma una menzione particolare va alla title
track, quella che meno mi ha colpito a primo ascolto, e che più mi ha
impressionato col passare del tempo. Il nome, quasi profetico, è quello di un
ossido di ferro dal nero intenso, che ricopre qualunque cosa con cui entri in
contatto. Alla stessa maniera, il nero musicato nei 12 minuti di "Nero di Marte"
si avvinghia all'ascoltatore con plumbea quiete, ipnotiche trame labirintiche,
telluriche scariche elettriche, e lo segna indelebilmente con la propria
pigmentazione. Vi si ficcherà in testa e non vi mollerà più.
Voto:
9 piú un rinvio a giudizio (per lancio di frigorifero
dal balcone)
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